Il “Santo Pensiero” di John Henry Newman
di Giuseppe Fidelibus
«L’eroismo dimostra cosa può fare l’uomo la santità dimostra cosa può fare Dio». Questo libro attesta la veridicità del pronunciamento di Danielou nelle odierne menti di cui io stesso -ahimè! – son parte. Scopro, leggendolo, che rimuovere il pregiudizio è competenza della santità più che dell’eroismo. È stereotipo diffuso, infatti, vedere nel santo un uomo dimezzato, una sorta di devoto s-pensierato: l’impresa operosa del pensiero sembra non averlo mai intaccato. Il «neo-santo» John Henry Newman smentisce britannicamente questo pregiudizio: leggere per crederlo ed accorgersene in prima persona. Non ci sta ad accontentarsi di formule a buon mercato o di slogans religiosi.
In questi cento brevi passi – saggiamente selezionati, a nostro beneficio, dal curatore – ci raggiunge la grandezza di un’opera, di vita e pensiero, davvero smisurata. Fortunati noi, lettori qualunque. Il lavoro della ragione, le condizioni della certezza nella conoscenza, la centralità della verità ed il valore dell’autorità, la ragionevolezza della fede, l’esser cristiani oggi, la peculiarità cattolica della Chiesa, un profilo di università aperto e libero al tempo del progresso scientifico… Sotto la penna di Newman questi grandi temi convergono e si accendono nel vero nucleo infocato della sua esperienza di convertito al cattolicesimo dall’anglicanesimo: il grande tema della coscienza. Qui si fa sul serio. I problemi della vita sono riportati a casa e a casa «mia»! S’intende, non sono appena le devozioni che in lui hanno trovato conversione ma la totalità della sua esperienza pensante di uomo. Perfino il Papa trova il suo vero posto d’autorità solo in questa casa-coscienza, la stessa dove vibra di stupore anche il cielo stellato: «in un brindisi alla fine del pranzo…brinderò al papa, se vi fa piacere, ma prima alla coscienza, e poi al papa» (Lettera al Duca di Norfolk).
Il papa come questione di coscienza? Me l’avesse detto qualcuno nelle mie avventure giovanili…Questo sì che è roba da uomini, cioè da santi – cosa può fare Dio! Qui la coscienza non è quella dell’«aver-la-coscienza-a-posto» ma lo spazio dove la realtà è tutt’uno con «i fatti miei» e la verità delle cose si fa interessante e pertinente alla mia vita. Eccola: «il dono della coscienza fa sorgere il desiderio di ciò che la coscienza non basta a sostituire…fa nascere una sete impaziente». Pregiudizio zero! Niente narcosi soggettivistica da tranquillanti culturali. Qui la verità non la si guarda – tranquilli di belle devozioni – dalla finestra della consuetudine o dalla poltrona del già saputo; non è quella che si possa pretendere di averla in tasca. La si soffre e la si gode nell’esperirla viva: così la santità di Newman ci “dimostra cosa può fare Dio” ben oltre i nostri debili e temporanei slanci eroici. Ti ci ritrovi uomo tu stesso, corpo pensante, nel leggere: capo (Cristo) e membra (Chiesa), un corpo dove la vita prende congedo dal far-west per diventare un’unica grande avventura, piena di ragioni da riconquistare ad ogni passo. Nessun compromesso di pensiero con la mediocrità: «ciò che possiede – che bella questa! – è qualche cosa, ma non è tutto: e se non desiderasse avere di più, ciò sarebbe la prova che non ha saputo usare e giovarsi di quello che già possedeva». Qui si decide «il cuore del mondo» nella vita di ciascuno: accettare di imparare di nuovo quel che si pensa già di sapere può salvare la vita insieme alla salute del mio pensiero.
La santità così? Beh, una sfida da uomini che si ripropone, perentoria, ad ogni atto umano sotto il cielo: si tratti di stirare panni o di avvitare un bullone, di guidare una nazione o di prendersi cura di una persona cara in sindrome di Alzheimer. In ciò la santità di J. H. Newman colpisce dritto al cuore, dimostrando ancor oggi cosa può fare Dio, ben oltre ogni eroismo: innanzitutto uomini! Buona lettura. Grazie John.