Call for papers: Il diritto «imputato». Centenario della nascita di Italo Mancini (1925-1993)
«Per il diritto sembra che le campane suonino a morto. Nessuna attività giuridica sembra sfuggire a questo destino di condanna, né quella del legislatore, né quella del giudice, né quella dell’interprete: come dire autorità dello Stato, attività giudiziaria, vita universitaria nelle facoltà di giurisprudenza. Nessuna delle tre branche in cui si potrebbe articolare la discussione teorica sul diritto [filosofia del diritto, teoria generale del diritto, sociologia del diritto] sfugge a questa volontà di rimozione talora dotta e sofisticata, talora violenta e bruciante, aperta o clandestina» (I. MANCINI, Filosofia della prassi, Morcelliana, Brescia 1986, p. 35).
Sono passati circa quarant’anni da queste lapidarie affermazioni di Italo Mancini: il tempo trascorso non ne ha attenuato la portata, semmai ne ha aggravato il valore di denuncia profetica. A nuove tecnologie sempre più pervasive si tende a riconoscere addirittura la capacità di sostituire il diritto, in alcune delle sue principali funzioni regolatorie; la geopolitica dei rapporti di forza riprende il sopravvento su di un diritto internazionale che sembrava aver acquisito un ruolo centrale nella globalizzazione economico-finanziaria post-1989. Si potrebbe stendere un lungo elenco di fenomeni che registrano un crescente e diffuso depotenziamento del diritto: dalle sue basi teoretiche alle strutture portanti degli ordinamenti e dei sistemi nei quali esso si articola.
Posto, e non indiscutibilmente concesso, che la lettura di una così grave e inquietante crisi del diritto corrisponda in parte o del tutto alla realtà, è da attribuirsi interamente a fattori ad esso esterni se non estranei, oppure ha senso che al diritto stesso, a un certo modo di intenderlo e di praticarlo, vengano imputate dirette responsabilità, presunte o accertabili, in ordine alla progressiva erosione dei suoi spazi di incidenza?
5 aprile 2025
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