Daniele Stasi, 2022, «Polonia restituta». Nazionalismo e riconquista della nazionalità polacca. Il Mulino

di Ishvarananda Cucco

«Nell’Europa contemporanea pochi Paesi hanno legato la loro identità politica al concetto di nazione come la Polonia». Esordisce in questo modo Daniele Stasi nella Prefazione del suo libro, edito da Il Mulino, che mira a indagare le circostanze storico-politiche che hanno interessato la Polonia fra l’inizio del Novecento – con particolare riferimento alle vicende che hanno contribuito alla Seconda Repubblica e alla Costituzione di marzo del 1921 – e il colpo di Stato di Jósef Piłsudski del 1926. Questo incipit risulta importante in quanto è più che un semplice «cappello» introduttivo, esso condensa diversi elementi che sembra utile mettere a fuoco per comprendere la struttura e le intenzioni del libro.

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Editoriale – Requiem per la pace infinita?

Il XXI° secolo si era aperto con la «infinita» guerra globale al terrore, dichiarata dagli USA di George W. Bush all’indomani dell’11 settembre. Il 24 febbraio di quest’anno la pace in Europa, durata ininterrottamente dal 1945 (con la parentesi delle guerre balcaniche degli Anni ’90), è stata violentemente infranta dall’«operazione militare speciale» russa in Ucraina, tuttora in pieno corso di svolgimento. Impensabile, ma (almeno apparentemente) inevitabile, nel Vecchio Continente si è riaffacciata la guerra: inevitabile non tanto perché non si possa, o non si debba, evitare di sostenerla, magari per legittime esigenze di difesa da un’aggressione armata, quanto perché non si può evitare di fare i conti con il fenomeno guerra in quanto tale, nei suoi aspetti storici, teorici, politici, militari. Preceduto dalla traduzione italiana – introdotta da un saggio di Ishvarananda Cucco sulla Cina come case study antropologico-giuridico – di una recente, preziosa relazione di Norbert Rouland su I diritti dell’uomo tra l’Occidente e la Cina (in ideale continuità con la pubblicazione del nuovo testo del Codice civile cinese, commentato da Giulia Terlizzi nel n. 2/2020), prova a misurarsi con l’urgenza del tema un corpus di contributi di varia estrazione culturale, filosofica, storico-politica, sociologica: le pagine introduttive del classico Dalla guerra alla pace, di Sergio Cotta, seguite da una nota a commento di Marco Stefano Birtolo, che ne valorizza l’estrema attualità, su di un piano di riflessione filosofico-politica, e giuridica; un estratto da La ragione politica di Claude Bruaire, che si rivela altrettanto pertinente alla situazione geopolitica attuale; un intervento di Flavio Felice sull’«impensabile», che oggi nomina, per lo studioso, la pace piuttosto che la guerra; un articolo in inglese di Pierpaolo Donati sulla fraternità, presupposto e contenuto della pace, dall’autore interpretato e dettagliato quale bene relazionale.

Completano la prima sezione di questo numero, nel suo insieme piuttosto consistente per quantità e densità, gli articoli di Paolo Savarese su Capisaldi della Costituzione repubblicana: La Pira, Togliatti e Croce intervengono all’Assemblea costituente (11 marzo 1947), di Maria Teresa Morelli su Lotta antifascista e battaglia per la Federazione Europea: l’impegno politico di Ursula Hirschmann, di Alan Sandonà su Sopravvenienze contrattuali ed esigenze solidaristiche nella giurisprudenza italiana dal tardo Ottocento all’avvento della Costituzione repubblicana, di Luca Di Majo su L’elettore protagonista. Il «voto alternativo» come possibile soluzione per superare la transizione elettorale infinita.

Non sono infatti da meno, per consistenza quantitativa e qualitativa, le Pagine libere dedicate da Stefano Caprio alla nuova ideologia ruscista della Russia di Putin, in ideale, prima risposta alla Call 2022 su Cosa è «fascismo»?; le analisi sociologiche di Francesco De Lisio circa la geopolitica del calcio, e di Paolo Iagulli circa i diritti umani; la nota di Pierfranco Ventura intorno a quel che resta, e a quel che sarà, del Partito Radicale.

Ivo Stefano Germano
Michele Rosboch

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