I cambiamenti del giornalismo politico nei media mainstream

I cambiamenti del giornalismo politico nei media mainstream

di Danilo Boriati *

The paper deals with the changes in political journalism due to the development and the spread of the web. In fact, the use of social-networks (in particular, Facebook and Twitter) has profoundly modified the form of political news, allowing politicians to instantly communicate news and overcome the role usually played by news agencies. The phenomenon of fake-news is also analysed, because they are increasingly used as political weapon and have significantly forced the journalist to adapt his work to the changes.

Il convegno Notiziapolitica.it. I cambiamenti del giornalismo politico nei media mainstream, organizzato dai Dipartimenti di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione, Giuridico ed Economico dell’Università del Molise, si è tenuto il 30 novembre 2017 a Campobasso. Il convegno, che rientra in un ciclo di eventi intitolato «Comunicazione & Politica» promosso dai corsi di laurea in Scienze della Comunicazione e Scienze Politiche dello stesso ateneo, si è svolto nell’ambito del Dottorato di ricerca in Innovazione e Gestione delle Risorse Pubbliche (curriculum in Scienze sociali, Politiche e della Comunicazione) e con il patrocinio della rivista Politica.eu.

Nel corso dei lavori – introdotti da Alessandro Cioffi e Lorenzo Scillitani, rispettivamente presidenti del corso di laurea in Scienze Politiche e Scienze della Comunicazione – principale protagonista è stato il giornalista e scrittore Mario Prignano, attualmente vice-direttore di RadioRai e dei GR Rai.
Il fulcro della relazione di Prignano è stato il cambiamento del lavoro giornalistico avvenuto in seguito alla diffusione prima e al cambiamento poi del web: in sostanza, l’uso dei social-networks (Facebook e Twitter in particolare) ha mutato profondamente la forma della notizia politica, permettendo al politico di comunicare istantaneamente le notizie e di superare, in tal modo, il ruolo svolto dalle agenzie di stampa. Ulteriore tema al centro del discorso del vice-direttore Prignano è stato poi quello delle cosiddette fake-news, le quali hanno assunto sempre più il ruolo di arma politica e, con il diffondersi del web, hanno costretto il giornalista ad adattarsi ulteriormente al cambiamento stesso del proprio lavoro.

1. L’evoluzione del lavoro giornalistico con l’avvento del web 2.0

Come anticipato, con l’avvento del web 2.0 il lavoro giornalistico ha subìto un’evoluzione che ha comportato, secondo Prignano, due ordini di problemi e relative conseguenze: il primo, definito «pratico», ha riguardato l’adeguamento tecnologico degli strumenti con cui poter svolgere il lavoro giornalistico, i quali devono oggi essere in grado di poter «catturare» tutte quelle immagini virtuali prodotte dagli esponenti politici e postate sui loro «account social»; il secondo, «di mediazione», concerne invece la problematica relativa a tutte quelle notizie che, non essendo più mediate dalle agenzie di stampa, arrivano direttamente dai social media senza più essere filtrate e controllate.
Per quanto riguarda il «problema pratico» desunto dal cambiamento del lavoro giornalistico, è utile in questa sede accennare alle parole di Giorgio Triani, il quale afferma:

Da un po’ di anni, ma con intensità e convinzione via via crescenti e condivise, si parla di cambiamento dell’eco-sistema informativo. Non più pezzi, momenti, fasi di trasformazione e aggiustamenti, ma veri e propri smottamenti. Transizioni epocali. Visto che non c’è giorno che non sparisca qualcosa dalle abitudini di lettura o di produzione dell’informazione, dalle pratiche di accesso ai media o alle modalità di fruizione e visione. E che di contro non si palesi un modo nuovo di raccontare la realtà, di interpretare il giornalismo, con mezzi e strumenti radicalmente nuovi. Dalla figura mitica dell’inviato speciale a quella eroica del fotoreporter (entrambe quasi cancellate dal citizen journalism o semplicemente dalla presenza sul luogo di qualsiasi tragedia di un testimone che ha uno smartphone in mano), le “scomparse” fanno però molto meno clamore del giornalista “aumentato” o delle videocamere montate sui droni. La tecnologia è di norma il motore più potente di cambiamento, ma è stato prima il web e poi i social network, trasformatisi in social media, a decretare la fine di un modello di business e prima ancora la strutturale incapacità sistemica di rispondere alle nuove sfide innovando, sperimentando, ristrutturandosi .

La rete ha dunque progressivamente cambiato il modello giornalistico e, conseguentemente, la funzione del giornalista ma sta modificando anche l’attività editoriale, la quale si fa più attenta ai contenuti veicolati attraverso i social-networks. In linea con quanto sostenuto da Prignano nel proprio intervento, Roberto Gagliardini sottolinea:

Sta cambiando dunque il modello giornalistico e redazionale. Dalle redazioni off line e on line separate, nei giornali si sta gradualmente passando a una maggiore integrazione e circolarità dei contenuti secondo i diversi mezzi: l’hard news sul web, gli approfondimenti e i commenti di opinionisti ed esperti sul cartaceo. I contributi sul web da parte dei lettori diventano inoltre sollecitazioni per altri articoli, approfondimenti e commenti. […] La pubblicazione delle notizie sul web rende infatti “vecchie” le stesse pubblicate sul giornale di carta il giorno successivo, senza contare la velocità con la quale le news, una volta on line, sono riprese e “copiate” da altre testate alla stregua di vere e proprie commodities […] i social network svolgono tutt’ora un importante ruolo nella diffusione dei contenuti, tanto che stanno diventando essi stessi delle media company e non più solo piattaforme tecnologiche per la trasmissione di messaggi prodotti dagli utenti. Facebook e in misura analoga Twitter consentono infatti di anticipare notizie, rilanciarle e condividerle, creare engagement e interazione con il pubblico .

È evidente quindi il mutamento del ruolo del giornalista, nonché la stessa metamorfosi della sua professione, talmente erosa dallo sviluppo della rete da renderla, per alcuni, pressoché liquida . Bisogna ricordare, tuttavia, che la «comunicazione, il giornalismo e la politica hanno a che fare con “l’altro”. Un altro da conoscere e convocare per costruire conversazione e dialogo, significati e partecipazione» .

La rete, però, ha ridotto il valore delle notizie, le quali sembrano oggi quasi rimbalzare da un sito all’altro: è in questa considerazione che risiede il «problema di mediazione» a cui Prignano fa riferimento, allorché «il web sta facendo diventare le notizie vere e proprie commodities, ovvero beni indifferenziati per i quali non è più fondamentale sapere chi li produce e confeziona» . Con i social media tutti sono praticamente produttori di notizie; la conseguenza più eclatante di tale situazione è che diviene sempre più complesso verificare quali notizie siano vere e quali siano false.

2. Fake-news e fact-checking

Le fake-news possono essere considerate, afferma Prignano, un «racconto falso che appare come una notizia e diffuso sui media». Queste sono quindi «pure invenzioni, dicerie, pettegolezzi, che vengono trattati come notizie vere e, come tali, possono produrre effetti sul pubblico» e che vengono veicolate attraverso i media per diversi scopi (concorrenza commerciale, speculazione finanziaria, lotta politica). A tal proposito, basta cercare la definizione sul dizionario Cambridge per scoprire che la denominazione di fake-news riguarda: «false stories that appear to be news, spread on the internet or using other media, usually created to influence political views» . Le notizie false, quindi, si configurano sempre più come un’arma politica proprio perché vengono spesso create ad hoc col fine d’influenzare la visione politica degli elettori. E non è un caso se Mario Prignano sottolinea come sia stata proprio la campagna elettorale italiana del 2013 quella maggiormente definibile con l’aggettivo 2.0, quella più ricca di un susseguirsi di notizie false di tipo politico. Sul fronte internazionale, basti pensare alla lotta politica a suon di fake-news perpetrata da Donald Trump e Hillary Clinton in occasione delle elezioni presidenziali americane del 2016.

A causa della crescente diffusione on-line di notizie di ogni genere e della relativa difficoltà nel controllarle riscontrata dalle tradizionali agenzie di stampa, Prignano segnala la nascita di agenzie di stampa create appositamente per verificare la veridicità delle notizie diffuse attraverso i media; nella fattispecie, la pratica di verifica delle informazioni si applica preminentemente alle dichiarazioni rese dai politici. Il fact-checking, in tal modo, diviene uno degli strumenti a disposizione dei giornalisti e delle relative agenzie per contrastare le fake-news . Alcune testate giornalistiche italiane sono dotate, nel proprio sito web, di una sezione dedicata al controllo dei fatti ; inoltre, esiste un sito internet italiano – pagellapolitica.it – interamente dedicato al controllo delle dichiarazioni rilasciate dai politici, partendo dal presupposto che «le bugie hanno le gambe corte» .

Da un punto di vista sociologico, come sottolineato da Guido Gili, le fake-news o fattoidi comportano una rilevante implicazione, in quanto tali «“allucinazioni mediali” […] [che sono] eventi mai accaduti, non-eventi, che acquistano tuttavia la forma di realtà attraverso la diffusione mediale» , «possono generare un effetto di profezia che si auto-avvera […] [facendo sì che] l’inconsistenza della notizia originaria si alimenta fino ad acquisire una sua effettiva “realtà”» , diventando in tal modo reale anche nelle sue conseguenze.

3. Per concludere

In questo breve lavoro si è cercato di delineare un quadro d’insieme che consenta di esplicitare i cambiamenti del giornalismo politico nei media mainstream soprattutto in relazione alle conseguenze principali di tale mutamento. Si è visto come l’evolversi della rete web e il diffondersi dell’utilizzo dei social-networks, soprattutto da parte della classe politica, abbia comportato, da un lato, un mutamento sostanziale della professione giornalistica tanto nella sua componente “tecnologica” quanto nella sua componente “pratica”, dall’altro, la diffusione sempre più spasmodica delle cosiddette “bufale”. Si è cercato dunque di evidenziare come l’istantaneità delle dichiarazioni rese dai politici sui social media abbia ridotto la possibilità dei giornalisti di fare il proprio lavoro: oggi questi non hanno più la possibilità di fare domande per poter scrivere i loro articoli, ma fanno ricorso a quei tweet e a quei post a cui i componenti della classe politica affidano le loro dichiarazioni.
Tuttavia, è proprio il fare domande l’unica possibilità rimasta ai giornalisti per rincorrere quella verità che – in un’epoca in cui ormai essa viene considerata una questione di importanza secondaria, tanto da fregiarsi dell’appellativo di post-verità – diventa sempre meno afferrabile. È proprio attraverso le domande che «i giornalisti – afferma Prignano – possono difendere la verità e contrastare le fake-news. Domandare avvicina alla verità e alla libertà. Se domandiamo abbiamo ancora la possibilità di sorprenderci». Ed è così, allora, che emerge il ruolo positivo svolto dalle fake-news, ossia quello di coltivare la possibilità di scoprire ancora, nonostante tutto, quelle piccole porzioni di realtà vera che non sono affatto una questione di secondo ordine.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

BECHELLONI Giovanni, 2009, La comunicazione giornalistica. Una centralità poco percepita. Le Lettere, Firenze.

GAGLIARDINI Roberto, 2017, «L’impresa giornalistica al tempo del web». In Giornalismo aumentato. Attualità e scenari di una professione in rivoluzione, a cura di Giorgio Triani, 25-42. Franco Angeli, Milano.

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TRIANI Giorgio, 2017, «Giornali, giornalismo, giornalisti: un mondo in rivoluzione». In ID, Giornalismo aumentato. Attualità e scenari di una professione in rivoluzione. Franco Angeli, Milano.

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