Sociologia dei diritti umani: teoria e «applicazioni pratiche»
di Paolo Iagulli
I diritti umani sono oggetto di una letteratura ormai quasi sterminata. Essi hanno rappresentato, del resto, una vera e propria «rivoluzione culturale». Negli ultimi decenni, alla più tradizionale riflessione filosofica su di essi ha fatto seguito quella, altrettanto rilevante, fornita dalle scienze politiche, storiche e giuridiche. Per ciò che riguarda la sociologia, molti anni fa Renato Treves, il padre della sociologia del diritto italiana, faceva notare che il tema dei diritti dell’uomo era stato del tutto trascurato da essa, a cominciare dai fondatori della sociologia del diritto Eugen Ehrlich, Max Weber e Georges Gurvitch. Treves spiegava questo disinteresse attraverso due ordini di ragione: 1) i diritti umani sono un prodotto dell’illuminismo settecentesco, mentre la sociologia e la sociologia del diritto nascono dal positivismo ottocentesco; 2) la sociologia classica è stata per lo più attratta dal diritto oggettivo, che riflette l’immagine della società, piuttosto che dal diritto soggettivo, che si riferisce invece all’individuo, il quale è stato a lungo considerato quasi estraneo alle sue stesse competenze. Proprio Treves, invero, negli ultimi anni della sua carriera, ebbe il merito di promuovere, col decisivo contributo di studiosi quali Vincenzo Ferrari, William M. Evan e Adam Podgórecki, un’interessantissima riflessione sociologica sui diritti umani. Nondimeno, almeno nell’ambito della letteratura italiana, pur essendosi potuti registrare negli anni alcuni specifici contributi, la «sociologia dei diritti umani» inaugurata da Treves e Ferrari non ha avuto certo il seguito che ci si sarebbe potuti attendere. (…)