La rilettura di un «classico» della sociologia: Marx e le emozioni
Se prendiamo sul serio l’affermazione di Marx secondo cui occorre cominciare con «premesse reali» – cioè «individui reali», individui «come essi realmente sono», «esseri umani autentici e attivi»[1] – e «studiare […] il concreto processo di vita e l’attività degli individui di ciascuna epoca»[2], come possiamo giustificare la tendenza a ignorare o a trascurare gravemente il ruolo della vita emozionale da parte della scienza sociale nelle sue analisi o anche, a dirla tutta, da parte nostra nella maggior parte delle nostre analisi?Esistono «individui reali» che non provano «emozioni»? Non sono forse le emozioni un elemento praticamente onnipresente in tutta la vita sociale?